L’amministratore di diritto che firma la dichiarazione fraudolenta è sempre responsabile del reato tributario.

Anche se non è materialmente in possesso della smart card per la firma digitale del modello.

Il ruolo apicale assunto all’interno dell’azienda, infatti, comporta il dovere di verificare la correttezza contabile e il rispetto degli obblighi tributari.

Non rileva nemmeno il fatto che l’incarico fosse a titolo gratuito.

È quanto affermato dalla 3° sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 6726/19, depositata il 12 febbraio 2019. La vicenda vedeva ricorrere un manager, condannato a un anno e un mese di reclusione per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (ex articolo 2 del dlgs n. 74/2000).

L’illecito era stato commesso dalla società di cui il soggetto era il legale rappresentante.

L’impresa aveva portato in deduzione dal reddito costi per operazioni mai avvenute, per un importo superiore agli 1,8 milioni di euro, nonché utilizzato i relativi (indebiti) crediti Iva in compensazione.

Davanti ai giudici di legittimità l’imputato sosteneva di essere estraneo alla violazione fiscale, in quanto prestanome dell’amministratore di fatto.

A suo carico, sosteneva la difesa della parte privata, poteva dunque essere attribuita al massimo la responsabilità per omesso controllo.

Diversa, però, l’interpretazione degli ermellini.

Secondo la suprema corte, la responsabilità penale dell’amministratore di diritto «è pacifica, quale autore materiale della sottoscrizione della dichiarazione fiscale».

È proprio con la firma del modello Unico che si concretizza il reato tributario, osserva il collegio, e tale responsabilità impone all’amministratore «il dovere di esercitare i dovuti controlli all’atto della sottoscrizione della dichiarazione che si avvale della documentazione fiscale fittizia».

La corte respinge anche l’eccezione che la smart card utilizzata per la firma digitale non fosse in possesso del manager.

Da qui il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza di condanna.